
In questa pagina:
- Le cause del Binge Eating Disorder
- Come si sente chi soffre di Binge Eating Disorder
- Criteri Diagnostici per il Binge Eating Disorder
- Il Percorso Terapeutico per il Binge
    Il soggetto Binge, colui che si abbuffa regolarmente in modo 
	compulsivo e incontrollato, appare come la classica persona obesa, o 
	notevolmente sovrappeso. 
	Si parla di un IBM (indice di massa corporea) superiore a 30%. 
	Ai soggetti affetti dal Binge Eating Disorder (o Disturbo da Alimentazione 
	Incontrollata) vengono suggerite diete e protocolli dimagranti, ma il 
	problema è di origine psicogena. 
	Il Binge compie vere e proprie orge (in inglese "binge") alimentari, spesso 
	consumate in solitaria, ingerendo quantità caloriche eccessive. 
	Queste abbuffate seguono un ordine, un rituale ben preciso che, pur avendo 
	sfumature individuali, seguono un copione piuttosto comune: 
	
	-
	prima della crisi vi è quasi sempre un’ emozione o stato d’animo scatenante 
	(un dispiacere, una discussione, un senso di inutilità improvviso) 
	-
	l’abbuffata avviene solitamente fuori pasto 
	-
	il cibo viene ingurgitato rapidamente, senza nemmeno venir assaporato, e la 
	sensazione fisica è di estrema pienezza, “da scoppiare” 
	-
	non vi sono MAI condotte eliminatorie (a differenze della Bulimia), come 
	vomito auto-indotto o iper-attività 
	-
	lo stato emotivo successivo all’abbuffata è un torpore diffuso, una perdita 
	di contatto con la realtà fino ad avere veri e propri episodi dissociativi, 
	dove il soggetto si vede dall’esterno mentre mangia, come anestetizzato dal 
	rituale e dalle calorie ingerite 
	-
	disgusto, senso di colpa e vergogna subentrano altrettanto rapidamente, con 
	conseguente ricaduta sull’autostima della persona che si disprezza ancora di 
	più. 
	
	Nel Binge Eating Disorder è possibile riscontrare una eziologia 
	multifattoriale. 
	A livello socio-culturale esso è in linea con una distorsione dell'immagine 
	corporea. 
	Da un lato il corpo perfetto proposto dai media viene così auto-negato.
	
	Dall’altro, allontanandosi così tanto dai canoni estetici moderni, il Binge 
	si punisce pubblicamente. 
	Esibisce e urla, attraverso il proprio corpo svilito e camuffato dal grasso, 
	il disagio interiore che l’ha causato.
	Egli indossa la propria corazza di adipe per nascondersi, per celare e 
	negarsi emozioni che restano congelate ed inespresse, seppellite “sotto un 
	sovrappeso” di 30, 40 kg di dolore.
	Il cibo è un mezzo, viene utilizzato come anestetico, come uno psicofarmaco.
	
	Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata insorge relativamente tardi, 
	nell’età adulta, tra i 25 ed i 35 anni. 
	Si può manifestare dopo un fallimento relazionale, o una crisi di identità.
	
	Può nascere da un confronto sul luogo di lavoro, ed ha alla base un senso di 
	fallimento profondo.
	
	La persona che soffre del Binge Eating Disorder sente e crede di non valere.
	
	Le radici di questa radicata convinzione risalgono all’infanzia. 
	Spesso, dopo un percorso di psicoterapia, emerge una storia di abusi o 
	violenze, fisiche o psicologiche. 
	Da un’analisi sistemica si riscontra che la disconferma del proprio valore 
	era pratica frequente, la madre distratta, perseguiva dettagli superficiali: 
	non accudiva e nutriva i bisogni veri del futuro binge. 
	Il padre era percepito “distante”, o severo, o violento verbalmente o nei 
	casi più gravi, fisicamente. 
	Il rapporto col cibo serve a compensare un nutrimento vero e “sano” mai 
	avvenuto. 
	
	Spesso tali soggetti hanno grosse difficoltà relazionali, a stabilire 
	confini sani, a dire di no, e riproducono nelle relazioni la caratteristica 
	invischiante del clima della famiglia di origine. 
	Essi si gettano nel rapporto con l’altro con modalità possessive e 
	fagocitanti, possono diventare morbosi, convinti di non poter mai essere 
	abbastanza amati, mai sazi di affetto, come mai sazi di cibo.
	Finiscono così per collezionare una serie di fallimenti relazionali che li 
	getta di nuovo nel circolo vizioso.
	Il Binge nega la propria sessualità, o la distorce, alterna fasi di 
	anoressia sessuale a fasi di appetito sessuale insaziabile. 
	La mancanza di un confine, di una “norma” lo fa sentire senza una 
	protezione, il soggetto Binge spesso non conosce la mezza misura, eccede, 
	non ha appreso, come script comportamentale, la moderazione.
	Spesso però questi soggetti hanno doti e qualità che li fanno distinguere 
	per sensibilità, calore e affidabilità. 
	Queste persone vengono molto più apprezzate dagli altri che da se stesse.
 
	1) Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive.
	Un’abbuffata compulsiva è definita dai due caratteri seguenti (entrambi 
	necessari).
	-
	Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due 
	ore), una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la 
	maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in 
	circostanze simili. 
	-
	Senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio (per 
	esempio sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare 
	cosa o quanto si sta mangiando). 
	
2) Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei 
	seguenti caratteri:
	-
	Mangiare molto più rapidamente del normale 
	-
	Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa di troppo pieno 
	-
	Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame 
	-
	Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo 
	ingerite 
	-
	Provare disgusto di sé, depressione o intensa colpa dopo aver mangiato 
	troppo 
	
3) Le abbuffate compulsive suscitano sofferenza e disagio.
4) Le abbuffate compulsive avvengono, in media, almeno due giorni la 
	settimana per almeno sei mesi.  
	
	Il processo terapeutico è complesso e spesso caratterizzato da forte 
	ambivalenza.
	Il soggetto Binge da un lato vorrebbe liberasi della propria corazza ed 
	uscire come una leggera e bella crisalide dal suo bozzolo. 
	Dall’altro egli in primis boicotta regolarmente ogni progresso (sono i 
	tipici soggetti yo-yo, fanno una dieta, perdono 25 kg per poi recuperarne 30 
	in breve tempo).
	La paura è la condizione cronica del paziente.
	Paura della vita, paura di non essere all’altezza, di essere inadeguati, di 
	venire abbandonati, rifiutati. 
	Essi ricercano sempre l’approvazione dell’altro. 
	Se non arriva, hanno crisi di amarezza e sconforto che li conduce dritti 
	all’abbuffata. 
	La capacità di tollerare la frustrazione è molto bassa.
	Spesso vi è una comorbilità fobica (claustrofobia, bisogno di controllare 
	ogni dettaglio, paradossalmente ipocondria), come in ogni disturbo che si 
	manifesta nel rapporto con cibo è il rapporto col controllo la vera 
	patologia. 
	Nell’anoressia viene esercitato in modo parossistico, nella bulimia viene 
	perso ma poi recuperato attraverso pratiche distruttive ma compensatorie, 
	nel Binge viene irrimediabilmente perso.
	Come in ogni patologia da dipendenza, il soggetto ha bisogno di prendere da 
	fuori qualcosa: nel tossico c’è la sostanza, nell’alcolista l’alcol, nel 
	dipendente affettivo c’è l’altro, nel disturbo del comportamento alimentare 
	è il cibo usato come “droga”.
	
La terapia deve aiutare il soggetto a divenire UNO, diventando genitore 
	buono, nutriente di se stesso.  
	
	
	
	
   
	
Il dottor Francesco D'Onghia e la dottoressa Claudia Scarpati sono entrambi psicologi psicoterapeuti, laureati presso la Facoltà di Psicologia dell'Università "La Sapienza" di Roma ed iscritti all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio (Roma).
Esercitano a Roma, presso lo Studio di Psicologia e Psicoterapia "EmotivaMente", che ha due sedi:
	 
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