La capacità di decifrare i segnali della mimica facciale è un'abilità che tutti siamo convinti di avere e senza di essa, in realtà, non potrebbe esserci alcuna relazione sociale.
Eppure, non sempre le nostre analisi si rivelano corrette e a volte possiamo commettere grossolani errori di interpretazione.
Quello che ci può confondere è la differenza fondamentale tra l'emozione ed il pensiero reale.
Ad esempio, l'ansia appare sempre come ansia, sia che nasca dal timore di essere scoperti quando si mente, sia che abbia origine dalla paura di non essere creduti quando si dice la verità.
Anche per questo, la comprensione delle espressioni del volto e l'interpretazione dei loro significati può dar luogo ad importanti equivoci ed ambiguità.
Fino agli anni cinquanta molti ricercatori credevano che il mondo dei sentimenti fosse inaccessibile all'indagine scientifica, o comunque meno entusiasmante di temi come l'apprendimento, il pensiero o le motivazioni del comportamento umano.
E' solo a partire dalla fine degli anni sessanta che in psicologia si iniziò a verificare l'esistenza di un repertorio universale di espressioni.
I principali esperimenti consistettero nel mostrare immagini che ritraevano facce tristi, arrabbiate, felici o disgustate di americani bianchi a studenti brasiliani, i quali identificarono le emozioni senza alcun problema.
Lo stesso accadde in Cile, Argentina e Giappone.
Per evitare che tale risultato fosse attribuibile alla diffusione globale della cultura occidentale, furono sottoposte allo stesso esperimento popolazioni che vivevano isolate nelle foreste primordiali della Nuova Guinea.
Anche lì fu verificato che le emozioni fondamentali quali felicità, tristezza, rabbia, paura, sorpresa, disgusto e disprezzo erano associate ad espressioni facciali universali.
Il linguaggio del volto ha quindi un'origine biologica e la cultura non esercita quasi alcuna influenza.
Per quanto ci si possa sforzare, il controllo dei nostri movimenti facciali ha i suoi limiti: i nostri reali sentimenti emergono sempre e si traducono a volte in microespressioni, cioè modificazioni involontarie del volto, che spesso durano appena una frazione di secondo.
Imparando a prestare attenzione alle microespressioni, è possibile leggere segnali che di solito sono visibili solo al rallentatore.
Infine, non bisogna limitarsi solo alle modificazioni dell'espressione del volto: anche alcuni particolari della postura, del modo di parlare e della gestualità possono indicare un'emozione in contrasto con quanto si sta comunicando a parole.
Il dottor
Francesco D'Onghia e la
dottoressa
Claudia Scarpati sono entrambi
psicologi e psicoterapeuti, laureati presso la Facoltà di Psicologia
dell'Università "La Sapienza" di Roma ed iscritti all'Ordine degli
Psicologi della regione Lazio (Roma).
Esercitano a Roma, presso
lo studio di Psicologia e Psicoterapia "EmotivaMente",
sito in Via Montagne Rocciose, 44
(Eur
Laurentina Laghetto Aeronautica Europa).
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